Dopo il permaban (ban perenne) dello streamer Sdrumox dalla piattaforma Twitch, alcuni streamer Italiani hanno deciso di lanciare la #NoStreamDay.
Se dunque pensavamo conclusa la vicenda, in realtà siamo solo agli inizi.
Abbiamo passato l’estate con i ragazzi che utilizzavano ovunque l’hashtag #freesdrumox. Un hashtag divenuto virale e nato per cercare, senza risultato, di far desistere Amazon, azienda proprietaria della piattaforma Twitch, dal permabannare Sdrumox, nome d’arte di Daniele Simonetti.
Ora è il momento del #NoStreamDay.
Inizialmente una giornata di sciopero, lo scorso 9 Dicembre, durante la quale gli streamer non sono andati in live e gli spettatori partecipanti non sono entrati sulla piattaforma Twitch.
Oggi un hashtag dove poter dire la propria sulla vicenda e/o condividere il Manifesto degli Streamer di Twitch.
Un manifesto che, in chiave collaborativa, richiede alla piattaforma maggiore trasparenza, con regole chiare nei casi di ban e permaban. A tutela di tutti i creator che su essa basano il loro lavoro.
Le richieste degli streamer italiani sono riassunte in quattro punti:
- Chiarezza delle regole
- Disparità di trattamento
- Satira e comicità
- Gli effetti del “permaban”
La lista degli aderenti include alcuni dei volti più noti della piattaforma, come Luis, i tre host del Cerbero Podcast, Homyatol e il cantante Fedez.
«Sia chiaro: non stiamo contestando il ban, che è legittimo, bensì la modalità con il quale è stato perpetrato. Non è pensabile bannare uno streamer inizialmente per 6 mesi per poi comunicargli, al termine della scadenza, l’allontanamento perenne dalla piattaforma. Allontanamento che, chiaramente, prevede l’interruzione dell’attività lavorativa su Twitch e la conseguente impossibilità a tornare ad utilizzare il proprio canale. Riteniamo che sei mesi di attesa siano inconcepibili visto che stiamo parlando di un’attività che per noi è una professione a tutti gli effetti.
Le modalità con cui Amazon – proprietaria della piattaforma su cui lavoriamo tutte e tutti noi – valuta chi, in che modo e per quanto bannare uno streamer è assolutamente discrezionale. Il problema, infatti, è che in questo modo il rischio di errori nel giudizio, da parte di chi si fa carico della decisione, può essere frequente. Gli streamer inciampano spesso in errori involontari, ma questi potrebbero essere tranquillamente evitati se ci fosse maggiore chiarezza e maggiore trasparenza.
Lo strumento del ban è una misura drastica che andrebbe utilizzata con giudizio. Per questo, chiediamo pubblicamente a Twitch di lavorare in sinergia per migliorare le condizioni lavorative di tutti, in modo da riuscire a garantire ai vari streamer – che quotidianamente utilizzano la piattaforma – più garanzie e una maggiore agibilità»
#NoStreamDay – Manifesto degli streamer di Twitch
Il motivo del permaban
È lo stesso Sdrumox, con un video sul suo canale Youtube, a dare finalmente le spiegazioni tanto attese in merito al suo permaban da Twitch.
Tutto ha avuto inizio il 7 maggio scorso, quando Sdrumox riceve una mail dalla piattaforma che riferiva di un ban a lui imposto per “hate speech“, ovvero incitamento all’odio, senza molti dettagli.
Solo a seguito della mediazione di un membro dello staff di Twitch Italia, che per garantirne l’anonimato è stato chiamato Signor V, Sdrumox viene a sapere quale è stata la live che ha causato il suo ban.
Si tratta di una live conteneva un format in cui lui e il suo miglior amico, nonché socio sulla piattaforma viola, Croix89 (Marco) giocavano alla roulette: ad ogni puntata veniva inventata una storia sul colore rosso o nero per stimolarne la vincita.
Una situazione che ha provocato diversi fraintendimenti e frasi poco chiare date dai molteplici significati della parola “nero”.
Un “camminare sul filo” in modo consapevole, pur conoscendo le regole della piattaforma, come gli viene fatto chiaramente notare da Fedez.
«Un ragazzo aveva donato 20€ in live e disse: compro 20 neri.
Sdrumox nel video sul suo canale Youtube “Io e il mio Permaban”
Quello che io dissi fu: ragazzi, mi dissocio completamente da questa donazione, i neri non sono in vendita. Il nero deve morire.
Tutto era creato comunque dall’ambiguità…In buona sostanza c’è di divertente che era tutta una storiella finta sui colori.
Il fatto che si crei questa ambiguità a me fa ridere personalmente, e in più ho creato questo rinforzo negativo, che consiste nel dissociarsi da una sorta di male minore per crearne uno peggiore.
Detto questo non volevo una giustificazione…mi sono preso tutte le conseguenze e me le merito. Inutile dirvi che subito dopo aver fatto questa battuta mi sono dissociato, ho detto ovviamente che è una cosa goliardica, ma non ha funzionato dunque se sei uno streamer fai attenzione»
Da qui ha avuto inizio la lunghissima attesa del ragazzo, durata sei mesi, per avere il responso dai moderatori americani della piattaforma.
Mesi in cui gli è stato consigliato di non spiegare le ragioni della sospensione ai suoi follower, di non streammare sui servizi concorrenti, come Youtube e Facebook Gaming, di non apparire in live di altri streamer.
Il tutto per evitare conseguenze sia al suo ban sia ai suoi colleghi.
Lo scorso 25 novembre l’attesa si è conclusa. L’azienda ha confermato il permaban e dunque il divieto al ragazzo di “ritornare al lavoro”.
Non dimentichiamo infatti che Twitch è il “datore di lavoro” per Sdrumox e per tutti gli streamer che producono quotidianamente dei contenuti, intrattengono il nostro pubblico con dei format e da questo derivano i loro guadagni.
Cosa possiamo imparare
Sicuramente l’eco mediatico di tutta questa vicenda può portare all’attenzione dell’opinione pubblica molti dei temi attuali, non ben definiti e risolti a livello normativo, di questo nuovo mondo del lavoro.
Tra questi sicuramente il dovere di tutelare e dare il giusto valore a queste nuove categorie di lavoratori del web, ancora troppo spesso sottovalutati.
Come i content creator.
«Personaggi a metà tra il narratore, il commentatore e lo showman che parlano di temi, intrattengono il pubblico, creano momenti di aggregazione tra le community»
Bufale.net
Che lo fanno come lavoro, guadagnando dalle collaborazioni con piattaforme quali ad esempio Twitch, Facebook o Youtube.
Lavoratori per i quali non esiste ancora una regolamentazione adatta ad evitare di incappare in sospensioni ad oggi ancora troppo discrezionali e soggettivi (dettate dalla sensibilità dei diversi moderatori che moderano i vari canali).
Che possono vedersi interrompere questo rapporto lavorativo da un giorno all’altro e senza alcun preavviso.
Il numero di consensi dell’iniziativa #NoStreamDay sta sicuramente a significare che l’assenza di chiarezza è percepita da tanti.
Nel frattempo Twitch ha fatto il primo passo, annunciando un aggiornamento dei termini di servizio, che sarà in vigore dal 22 gennaio.
Una ulteriore riflessione è doverosa farla in merito al diritto di satira, per certi versi richiamato nel Manifesto e riconducibile alla vicenda di Sdrumox (che ha parlato di goliardia):
«Spesso è capitato che alcune battute, più o meno forti, siano state sanzionate. Come si devono comportare i partner? Si possono fare battute su tutto o solo su alcune cose? Ci sono tematiche che non vanno trattate? Su cosa non si può scherzare? Quali sono i limiti consentiti? Servono chiarimenti su questo tema»
Nel caso di Sdrumox, la vicenda si è svolta nel periodo della morte di George Floyd, di Minneapolis, l’afroamericano ucciso lo scorso 25 maggio nel corso di un brutale arresto della arresto della polizia. Diventato l’icona del movimento Black Lives Matter, dei gruppi Antifa che si ribellano in tutta l’America.
Un momento forse non opportuno per lasciarsi andare a certe esternazioni pubbliche.
Perché l’umorismo e la satira sono senz’altro una gran cosa, ma si devono saper usare con la dovuta attenzione.
Attenzione non solo nelle parole e immagini da utilizzare ma soprattutto alla scelta della situazione e momento sociale migliore in cui manifestarle.
Ancor più vero quando si trattano argomenti più complessi, scabrosi e imbarazzanti.
A questo si deve aggiungere la necessaria consapevolezza del contesto, ovvero essere consci che un conto è usarla in contesti privati e diverso se lo si fa in contesti pubblici o, soprattutto, di grande risonanza come Internet.
Dove ci viene data l’opportunità di entrare in contatto e comunicare con persone di culture diverse e con sensibilità diverse. Ma verso le quali abbiamo il dovere di portare sempre rispetto, come nella vita reale.
Non mettendo dunque in dubbio la liceità della satira, non sarebbe sufficiente chiedersi di volta in volta quando questa è o meno opportuna? Interrogarsi se quello che si vuole dire è in qualche modo utile per chi ascolta?
Ma soprattutto, il codice etico e di comportamento non dovrebbe far parte dell’educazione di ognuno di noi, a prescindere dalla sua formalizzazione in un contratto di lavoro?