La rivoluzione tecnologica corre veloce e purtroppo non sempre il contesto normativo, nazionale e comunitario, riesce a stare al passo.
Quotidianamente parliamo di robotica, intelligenza artificiale e del loro impatto non solo sul mondo del lavoro ma anche sulla nostra vita quotidiana.
Basti pensare all’impiego dei robot, ad esempio nelle sale operatorie e nella diagnostica, e delle auto a guida autonoma, programmate per prendere decisioni.
Ma quali sono i risvolti etici e giuridici che tali innovazioni comportano?
Se un pedone attraversa la strada all’improvviso il pilota automatico chi deve salvare? I pedoni o i passeggeri?
Di chi è la responsabilità nel caso di un incidente provocato da questi dispositivi?
I pareri finora espressi dagli organi di competenza hanno tutti come punto di partenza il fatto che l’uomo non sia un attore passivo nell’ambito dello sviluppo di queste tecnologie.
Tecnologie che devono restare un supporto all’uomo e non un suo delegato.
A guidarci in questa nuova esplorazione l’Avv. Enrico Autero, che ha accolto con grande entusiasmo la sfida di semplificare per noi il legalese e mostrarci le tecnologie da un altro punto di vista.
La diffusione del riconoscimento facciale
Il riconoscimento facciale è una tecnologia a cui tutti noi ci stiamo abituando.
A chi non è infatti capito di vedere, nella serie TV del momento, la polizia che riconosce il colpevole di turno grazie alle immagini delle telecamere e ai successivi confronti?
In modo più vicino alla vita quotidiana, chi non ha giocato con le app – FaceApp l’esempio forse più noto – che consentono di modificare il proprio aspetto, invecchiandolo o ringiovanendolo a piacere?
Ancora, chi non conosce qualcuno che ha impostato lo sblocco del proprio cellulare mediante riconoscimento facciale?
Questi brevi e semplici esempi ci evidenziano quanto la tecnologia del riconoscimento facciale sia oramai entrata a far parte delle nostre vite.
L’attuale dibattito all’interno dell’Europa sul riconoscimento facciale
Nonostante l’evidente diffusione del riconoscimento facciale sembra che soltanto oggi, a tecnologia introdotta, ci si stia interrogando seriamente sui relativi risvolti problematici.
Il tema è infatti oggetto di un ampio dibattito circa l’ampiezza dell’utilizzo degli algoritmi di Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence – AI) che rendono possibile ai software il riconoscimento facciale.
In questo senso la prospettiva forse più spaventosa è quella del “controllo totale”: un mondo in cui le telecamere possono controllare ogni cittadino e i suoi spostamenti.
Può sembrare uno scenario fortemente distopico, eppure in qualche modo non è troppo lontano dalla realtà attuale.
Basti pensare al caso cinese in cui, usando “l’escamotage” di dover combattere la pandemia da SARS-COV-2 e relative varianti, si è di fatto introdotto un sistema di riconoscimento facciale estremamente diffuso (come negli accessi della metropolitana).
Forti dell’esempio – e del monito – cinese anche nelle democrazie europee ci si sta seriamente ponendo il tema dell’estensione del riconoscimento facciale.
Il punto centrale della questione è essenzialmente la ricerca del giusto bilanciamento tra l’utilizzo benefico della tecnologia – come la gestione/prevenzione del crimine – e i suoi eccessi – come, appunto, il controllo massivo sui cittadini.
Le iniziative legislative europee sul riconoscimento facciale
Per alimentare il dibattito è stata recentemente sottoposta all’Unione europea un’iniziativa di legge da parte dei cittadini la quale chiede all’Unione di legiferare nel senso di proibire espressamente l’impiego estensivo del riconoscimento facciale.
Per usare le parole di chi ha proposto l’iniziativa di legge popolare:
«Noi chiediamo alla Commissione dell’Unione europea di regolare in modo chiaro e preciso l’uso delle tecnologie biometriche in modo da evitare influenze indesiderate con i diritti fondamentali dell’Uomo. Nello specifico, noi chiediamo alla Commissione Europea di proibire, nel diritto e nella pratica, un uso indiscriminato o arbitrario della tecnologia biometrica, la quale può condurre a una sorveglianza di massa del tutto illegittima. Questi sistemi intrusivi non devono essere sviluppati, impiegati (persino nel corso di un processo) o fruiti da soggetti pubblici o privati fintanto che essi possono condurre a ingerenze non necessarie o sproporzionate con i diritti fondamentali dell’Uomo. Vi sono infatti prove che dimostrano che l’uso della sorveglianza di massa sulla base delle tecnologie biometriche all’interno degli Stati membri e da parte delle Agenzie dell’Unione europea ha condotto a violazioni sulla normativa europea sulla protezione dei dati (ndr GDPR), nonché ha indebitamente ristretto i diritti delle persone, inclusa la loro privacy, la loro libertà di parola, il loro diritto di protestare e il loro diritto a non essere discriminati»
Traduzione è a cura dell’autore – Initiative detail | European Citizens’ Initiative (europa.eu)
Oltre all’Unione europea anche il Consiglio d’Europa – ossia la “CEDU” che, si ricorda, è organizzazione distinta e diversa dall’UE – si è recentemente posto il problema del riconoscimento facciale.
Nel recente comunicato del 28.1.2021 il Consiglio d’Europa ha infatti posto l’accento sulla necessità di un corretto utilizzo del riconoscimento facciale, che deve:
«assicurare il rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali di ogni persona, compreso il diritto alla protezione dei dati personali»
Traduzione a cura dell’autore – Ensure that facial recognition does not harm fundamental rights – Newsroom (coe.int)
Un caso americano: la Class Action contro Facebook nell’Illinois
Mentre in Europa il tema è oggetto del dibattito brevemente evidenziato, negli Stati Uniti la faccenda si è evoluta in maniera più svelta.
Ciò è dovuto soprattutto alla presenza, sul suolo americano, dei maggiori colossi tecnologici ed informatici del pianeta, come Microsoft, Apple e Facebook.
Proprio quest’ultimo è stato recentemente oggetto di un caso giudiziario che ha avuto al centro il tema del riconoscimento facciale.
Nello specifico, nello stato dell’Illinois è stata attivata una “class-action” (ossia una “azione legale di massa”) nei confronti di Facebook, lamentando che il social network avesse attivato l’automatico riconoscimento facciale delle fotografie caricate, al fine di facilitarne il “tag” tra amici.
Questa pratica, sostenevano gli accusatori, non avrebbe dovuto essere automatica ma avrebbe invece dovuto essere preventivamente approvata dai singoli utenti.
La controversia, che prevedeva l’iniziale richiesta di risarcimento di complessivi 35 miliardi di dollari a carico di Facebook e a favore dei danneggiati, è stata peraltro recentemente risolta con un patteggiamento.
Per far cadere le accuse Facebook ha infatti acconsentito a corrispondere agli attori la cifra complessiva di oltre 600 milioni di dollari, comprensivi delle spese di causa.
La cifra finale è senz’altro inferiore rispetto a quella – davvero gigantesca – domandata all’inizio, ma è comunque interessante che la multinazionale abbia deciso di non portare la questione del riconoscimento facciale di fronte a un tribunale, dove molto probabilmente avrebbe perso.
Brevi conclusioni
Si è visto come il tema del riconoscimento facciale sia ancora aperto e che non vi sia – ancora – una sua chiara disciplina giuridica.
Per questo, nell’attesa di un quadro normativo più chiaro e preciso, all’utente non resta che affidarsi al buon senso.
Su questo, per esempio, è buona norma evitare di consentire a cuor leggero il riconoscimento facciale a qualsiasi tipologia di app.
Ciò perché spesso non si è in grado di prevedere come la propria immagine verrà utilizzata dalla società che gestisce l’app in questione.
Per fare un esempio, la già citata FaceApp non è sempre trasparente nel comunicare il trattamento privacy delle immagini che gli utenti lasciano sull’app.
In definitiva, l’invito è quello di consentire il riconoscimento del proprio volto soltanto nei casi in cui chi ve lo chiede è in grado di fornirvi una chiara informativa privacy, da dove emerga il tipo di trattamento che sarà destinato alla vostra immagine.
Chi è Enrico Autero
Piacere, sono Enrico Autero, nato e cresciuto a Torino, dove vivo tutt’ora.
Sono avvocato specializzato in diritto commerciale e societario presso lo studio IPG Lex.
Da qualche anno mi sono anche appassionato al diritto delle nuove tecnologie e, in generale, dell’IT. Questa passione è sempre stata latente per me: fin da giovanissimo mi sono infatti interessato ai videogiochi e al mondo di internet.
Per coltivare questa passione sono contento di poter contribuire con i miei articoli al blog ConsapevolMente Connessi.
Cercherò in particolare di scrivere sui temi relativi all’educazione digitale e come questa si intreccia – in vari modi – con il mondo del diritto.