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Le realtà virtuale e aumentata in psicologia

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Tempo di lettura - 3 minuti

Negli ultimi decenni l’approccio alla realtà virtuale (VR) e alla realtà aumentata (AR) ha ampliato sempre più la sua applicazione, trovando applicazione anche in medicina e psicologia.

Infatti, pur essendo diventate famose nell’ambito dell’intrattenimento (ad esempio videogiochi, arte, sport), ad oggi sono sempre più diffuse anche per:

  • fini di apprendimento per insegnare a gli studenti di medicina ad operare e gestire situazioni di stress in totale sicurezza;
  • supporto ai chirurghi per guidare le operazioni a distanza;
  • coadiuvante nel somministrare cure psicologiche in caso di disturbi mentali come fobie, disturbi legati allo stress, depressione, disturbi alimentari e dolore cronico. 

Un inganno per i nostri cinque sensi, con informazioni inventate, per cambiare la nostra percezione della realtà.

Perché è proprio la combinazione delle informazioni sensoriali che ci aiuta nella nostra intera esperienza della realtà.

Realtà virtuale e aumentata: cosa sono

Poiché spesse confuse, iniziamo dapprima a fare chiarezza su cosa si intenda con realtà virtuale e realtà aumentata.

La realtà virtuale (VR) replica la realtà quanto più accuratamente possibile dal punto di vista visivo, uditivo, tattile e anche olfattivo. Il tutto per compiere azioni nello spazio virtuale superando limiti fisici, economici e di sicurezza.

Vedere, udire, toccare, manipolare oggetti che non esistono, percorrere spazi senza luogo in compagnia di persone che sono altrove, è quanto ci propone tale innovazione tecnologica.

La realtà aumentata (AR), invece, rappresenta una realtà alterata in cui, alla normale realtà percepita attraverso i nostri sensi, vengono sovrapposte informazioni sensoriali artificiali/virtuali generate da un computer.

Non trasporta in alcuna nuova realtà digitale (come invece fa la realtà virtuale), i sensi rimangono ancorati al presente, ma aumenta le possibilità d’interazione e d’azione della realtà esistente.

Entrambe esperienze più o meno immersive che avvengono in ambiente protetto e controllato.

Applicazione in psicologia

Una terapia mediata tecnologicamente può desensibilizzare il soggetto dalle sue ansie, abituandolo progressivamente ad emozioni che può provare a gestire attraverso un approccio differente.

Prendiamo ad esempio un paziente con disturbi fobici, il cui trattamento è basato sull’esposizione.

Avvalendosi di dispositivi indossabili (ad esempio visori, guanti, smarpthone, micro webcam e elementi 3D), sarà possibile portare il paziente a contatto quasi diretto con lo stimolo pauroso. Spesso difficile da generare altrimenti.

Un bellissimo esempio ci viene fornito dalla giovane società italiana Idego, che ha progettato e realizzato sistemi innovativi di intervento psicologico tramite il web, la Realtà Virtuale ed Aumentata e le Intelligenze Artificiali

Le diverse componenti dell’ambiente sono interamente sotto il controllo del terapeuta. Sua responsabilità stabilire, di volta in volta, quale grado di difficoltà presentare al paziente. Il terapeuta, in questo modo, ricopre il ruolo di mediatore tra mondo reale e virtuale.

I fotogrammi e le scene che vengono proposte al paziente, vengono utilizzate dal terapeuta come spunti dai quali intraprendere un percorso di rielaborazione. Con una efficacia pari alla terapia dal vivo.

Eccoci così in un aeroporto e salire su di un aereo, trovare una platea che ascolta, essere gradualmente immerso in un ambiente pieno di ragni, avvicinarsi senza rischio alcuno al parapetto di un balcone.

«Dimmi e dimenticherò, mostrami e forse ricorderò, coinvolgimi e comprenderò»

Confucio

La psicologia aumentata

La psicologia che si avvale delle realtà virtuale e aumentata prende il nome di psicologia aumentata o cyberterapia.

Un’esperienza più o meno immersiva. Una vera e propria narrazione virtuale dal contenuto metaforico (come, ad esempio, una barca che supera la tempesta, una montagna da scalare, un albero che cresce, l’incontro con un drago). Che può essere utilizzata e rielaborata nel corso di ogni tipo di intervento psicologico o psicoterapeutico, indipendentemente dall’orientamento clinico del professionista, per facilitare il cambiamento.

Non più dunque solo dialogo terapeutico ma anche esperienza. Un binomio che rende tutto il percorso più efficace.

Cosa è certo che da qui a dieci anni gli strumenti tecnologici in campo medico saranno così persuasivi che a porre l’argine a questa onda digitale dovrà essere anche il legislatore per definire i limiti dell’applicazione.
Non più limiti tecnologici ma etici e culturali.

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Antonella Bruzzone

Antonella Bruzzone

Founder del blog ConsapevolMente Connessi, Ingegnere Informatico appassionata di CyberSecurity approdata da qualche anno al Coaching. Un mix di competenze che sa farmi apprezzare le opportunità offerte dalla trasformazione digitale in cui viviamo, ben consapevole dei rischi insiti in essa. Perché la onlife è come un salto con lo skateboard: potresti cadere, lo sai, ma è altrettanto vero che, con la giusta guida, potresti imparare a chiudere i trick più difficili.

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