The Indipendent ha svelato la concessione di un brevetto avanzato da Microsoft per la creazione di chatbot in grado di replicare il comportamento degli utenti, defunti o ancora in vita.
Sembrano non esserci più confini a quello che la tecnologia consente di fare:
- parlare con i propri cari defunti;
- creare un alter ego virtuale che si comporti esattamente come noi;
- ridare vita, seppur solo virtualmente, ai più illustri personaggi storici;
- dare vita a personaggi della nostra immaginazione.
Ricreare dunque una sorta di coscienza virtuale delle persone, reali o immaginarie, in vita o meno, per interagire con loro sul web.
L’utilizzo della Realtà Virtuale
In realtà la Realtà Virtuale (VR) ci ha già portati in un modo fittizio in cui provare emozioni concrete. Così come viene già utilizzata in psicologia per superare traumi o eventi del passato.
Come non pensare al documentario I met you (Ti ho incontrato), della rete televisiva coreana MBC.
Nel documentario proposto ci viene mostrato che ricreare la voce e i movimenti di un nostro caro defunto è certamente un processo molto laborioso, ma non impossibile.
Un anno fa fu la volta di Jang Ji-sung, una donna sudcoreana che, grazie alla realtà virtuale, ha potuto rincontrare la figlia, Nayeon, morta a sette anni per una malattia incurabile.
Qualche giorno fa è stata l’occasione di Kim Jung-soo, vedovo da quattro anni, che ha potuto rivedere la moglie un’ultima volta, o meglio, ha potuto vedere la versione digitale di sua moglie opportunamente ricreata.
Una realizzazione che richiede mesi di lavoro e il supporto di attori. Per mettere insieme tutte le informazioni della persona scomparsa, registrare movimenti e video, al fine di ricrearla digitalmente.
Microsoft e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale
A rendere più inquietante lo scenario è ora l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (AI).
Come dichiarato da The Indipendent, il brevetto è stato presentato da Microsoft l’11 aprile 2017 ma concesso soltanto il primo dicembre 2020.
Prevede di utilizzare i dati degli individui, previo consenso, come per esempio «immagini, registrazioni vocali, post sui social, messaggi elettronici, lettere scritte, eccetera».
Con l’obiettivo di «allenare un chatbot (un software che simula la conversazione con un essere umano, come abbiamo imparato a conoscere con il Servizio Clienti di molte aziende, ndr) a dialogare assumendo la personalità della specifica persona».
L’individuo virtuale potrebbe corrispondere non solo a un’«entità del passato», ma anche a una persona ancora in vita, come se stessi, «un amico, un parente, un conoscente o una celebrità», o un personaggio di fantasia.
Basta avere l’accesso a un numero di informazioni sufficienti per poter personalizzare il chatbot, insomma.
Chatbot accessibile tramite un’app per smartphone o tramite un altoparlante intelligente.
Ma da quanto riportato nel brevetto non ci si “limiterebbe” a questo.
Per aumentare il coinvolgimento, Microsoft avrebbe anche pensato a come dare forma al clone anche dal punto di vista fisico, prefigurando in tal senso l’utilizzo di «modelli 2D o 3D».
Modelli che «potrebbero essere generati usando immagini, informazioni di profondità e/o dati video associati alla specifica persona».
Non è più fantascienza
La possibilità di poter interagire e conversare con una persona deceduta attraverso un avatar virtuale, più o meno aderente alla figura originaria, è qualcosa di molto popolare nella fantascienza. Dai libri ai film e alle serie televisive.
Basti citare la pellicola Transcendence del 2014 con Johnny Depp oppure la serie Upload di Amazon Prime o ancora l’episodio Be Right Back (Torna da me) della serie distopica Black Mirror, creata da Charlie Brooker.
Nel suo libro del 1998 “L’era delle macchine spirituali”, il futurista e transumanista Ray Kurzweil delinea un percorso verosimile dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle future architetture dei computer.
Predicendo che gli umani caricheranno le loro menti sui computer entro il 2045 e che i corpi saranno sostituiti da macchine prima della fine del secolo.
«Diventeremo sempre meno biologici fino al punto in cui la parte non biologica domina e la parte biologica non sarà più importante. In effetti la parte non biologica – la parte della macchina – sarà così potente da poter modellare e comprendere completamente la parte biologica.
Quindi, anche se quella parte biologica scomparisse, non farebbe alcuna differenza.
Avremo anche corpi non biologici: possiamo creare corpi con la nanotecnologia, possiamo creare corpi virtuali e realtà virtuale in cui la realtà virtuale sarà realistica come la realtà vera. I corpi virtuali saranno dettagliati e convincenti quanto i corpi reali»
Altri tentativi
Del resto, con questo brevetto, non è la prima volta che Microsoft tenta l’impresa avvalendosi di chatbot.
Già cinque anni fa provò a lanciare Tay, un chatbot per Twitter che doveva simulare una teenager.
Un esperimento di intelligenza artificiale che aveva come obiettivo quello di avviare e sostenere conversazioni con i millennial.
L’esperimento durò solo poche ore, un lasso di tempo in cui Tay ha imparato il razzismo, a inneggiare a Hitler e a fare avance agli interlocutori. A quel punto è stata spenta.
Ed insieme a Microsoft altre aziende stanno tentando di avvicinarsi all’idea di mind uploading e di ricerca dell’immortalità dell’io.
IBM nel 2005 ha avviato il progetto Blue Brain dove tenta di ricostruire il funzionamento del cervello di un topo tramite computer. Usando una ricostruzione digitale e dettagliata dal punto di vista biologico.
In tempi più recenti, Elon Mask con il progetto Neuralink tenta di collegare l’attività cerebrale ai computer.
Ad oggi le rassicurazioni di Microsoft arrivano da Tim O’Brien, responsabile AI di Microsoft, che con un tweet richiama proprio la serie televisiva Black Mirror:
«Non preoccupatevi. È confermato che non c’è nessun piano di sviluppo per questo. Ma se dovessi mai avere un lavoro come sceneggiatore di Black Mirror, saprò di poter andare sul sito dell’Ufficio brevetti e marchi per avere idee per la trama»
Cosa è certo è che la digitalizzazione della coscienza sarà una tematica sempre più presente nei prossimi decenni.
Ma sono ovviamente molte le problematiche dal punto di vista etico e morale da affrontare, soprattutto pensando al rischio di utilizzi distorti.
Perché l’intelligenza artificiale è una risorsa preziosissima, ma proprio per questo deve essere maneggiata con particolare attenzione.
Siamo certi che in situazioni di lutto ci aiuterà ad andare avanti? Non ci conserverà, invece, in una uno stato di lutto perenne da cui non riusciremo ad uscirne?
Consigli di lettura
Titolo: “The Age of Spiritual Machines: When Computers Exceed Human Intelligence”
Autore: Ray Kurzwell
Casa editrice: Penguin