Con il termine inquinamento digitale (digital pollution) si intende l’inquinamento generato dal funzionamento di Internet e dai dispositivi che lo utilizzano.
Un inquinamento inevitabilmente in rapido aumento poiché ancora non ne abbiamo la piena consapevolezza.
Eccoci infatti a usare Instagram, Netflix e Spotify con la stessa ingenuità con cui un tempo usavamo cannucce e bottigliette di plastica.
Contribuendo inconsapevolmente al riscaldamento globale, all’inquinamento e al depauperamento delle risorse limitate (quali ad esempio alcuni minerali).
Ogni dispositivo artificiale infatti lascia anch’esso sulla terra un’impronta che descrive gli effetti che tale dispositivo ha avuto nel corso di tutta la sua vita sull’ecosistema.
Da cosa è dovuto l’inquinamento digitale
Non tutti sanno che:
- Computer o smartphone, contengono materiali chiamati terre rare che necessitano di un’estrazione ad alte emissioni di gas climalteranti.
- Gli smartphone ed i laptop sono i più pericolosi perché consumano molta energia dovendo essere ricaricati frequentemente, hanno vita breve e solo l’1% di questi vengono riciclati.
Usare lo smartphone per un’ora tutti i giorni produce in un anno l’equivalente (in termini di emissioni) di un volo Milano-New York (ovvero 1,25 tonnellate di CO2). - Internet, se fosse un Paese, sarebbe il sesto consumatore di energia a livello mondiale. È responsabile del 2% delle emissioni di gas serra a livello globale.
Del resto è una vasta rete composta da server e Data Center in cui qualsiasi nostra azione porta a complesse elaborazione di dati che consumano enormi quantità di energia.
Un team di Greenpeace l’anno scorso ha pubblicato un report sulla Data Center Alley, l’area più estesa al mondo per concentrazione di Data Center, che si trova nel Nord della Virginia ed è la sede del 70% dei servizi Amazon.
Soprannominata anche la Silicon Valley dell’East Coast, questa zona consuma un quantitativo di energia mostruoso, ricavato per il 95% da combustibili fossili.
Esempi quotidiani di inquinamento digitale
Lo sai che l’invio di un’e-mail con allegato consuma quanto una lampadina accesa per una giornata?
Inviare otto messaggi elettronici inquina come guidare una vettura per un chilometro, in termini tecnici e per essere precisi, una mail da 1 magabyte (Mb) equivale a 19 grammi di anidride carbonica.
Basti pensare che ogni giorno vengono inviate in media 269 miliardi di e-mail anche se solo circa il 34% di esse viene aperte perché giudicata utile.
Ma questo è solo l’inizio.
L’attività di un utente per un anno su Facebook porterebbe a una produzione di soli 299 g di CO2, ma sono certa che cambiarai idea non appena penserai che gli utenti attivi sulla piattaforma sono 2,3 miliardi ogni mese.
Stesso discorso per Twitter. Un singolo tweet produce 0,2 g di CO2, ma ogni secondo vengono prodotti circa 6000 tweet.
Last but not least, i video online che causano il 20% dell’intero inquinamento digitale: 306 milioni di tonnellate di CO2, l’intera produzione di gas serra della Spagna!
Guardare un video di un’ora da smartphone equivale al consumo annuale di un frigorifero.
A questo si aggiunga che occorrono circa 6 kg di CO2 per alimentare i server necessari a guardare 2 ore di materiale su Netflix.
Andare al cinema in macchina ne produce circa 200 grammi per passeggero.
Come possiamo ridurlo
Ridurre questi impatti digitali è possibile con piccole accortezze che ciascuno di noi può adottare:
- cancellare e annullare l’iscrizione a spam e newsletter indesiderate e che quindi non apriremo mai;
- usare piattaforme esterne (come WeTransfer, per dire) e non le mail per condividere file pesanti;
- cancellare le app non utilizzate. Si pensi infatti che in media una persona sul proprio smartphone ha 70 app e la maggior parte non vengono utilizzate;
- chiudere ogni volta tutte le finestre web non utilizzate, quindi non lasciarle aperte in background;
- scollegare il cellulare quando la carica ha raggiunto il 100% perché un dispositivo che ha raggiunto la carica massima e continua ad essere collegato alla rete elettrica consuma molta più energia;
- quando si acquista un nuovo smartphone smaltire correttamente quello vecchio per permettere il riciclo e per l’acquisto optare per uno schermo più piccolo perché consuma meno energia e quindi necessiterà di meno tempo per caricarsi e più tempo per scaricarsi.Desistiamo dalla “tentazione del cassonetto”, deleghiamo al produttore la responsabilità economica dello smaltimento e imponiamo ai distributori il principio del “vuoto a rendere”.
L’impegno delle Big dell’hi-tech
Anche le Big dell’hi-tech stanno facendo la loro parte.
Rivedendo intanto le fonti da cui viene ricavata l’energia elettrica per sostenere e raffreddare i server dei loro Data Center (quindi un impegno ad alimentare i propri server e data center esclusivamente con energie rinnovabili).
Ma non solo.
Facebook ha spostato alcuni dei suoi Data Center a latitudini polari, mentre Microsoft li ha fatti sprofondare negli abissi della Scozia. Apple ha raggiunto invece il traguardo di energia 100% rinnovabile costruendo, tra le altre cose, un impero di pannelli solari a Cupertino.
In base a un report annuale elaborato da Greenpeace, al momento le più virtuose risultano Apple, Facebook e Google.
Ma seppur Google abbia reso pubblici i dati sulla sua carbon footprint già nel 2011 (e oggi da solo copre il 40% delle emissioni causate da internet), non è lo stesso per tutte le aziende.
Internet e le sue applicazioni possono essere utilizzati come mezzo per generare impatti ambientali e sociali positivi.
È quello che fa, per esempio, LO3 Energy, una start up americana che facilita la produzione e lo scambio di energia pulita attraverso la blockchain, una tecnologia basata su una sorta di “registro” online che annota e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete.
Altro esempio di applicazione “green” di Internet è il motore di ricerca Ecosia, che utilizza i profitti generati dalle ricerche degli utenti per piantare alberi.
Cerchiamo di ricordare tutto questo quando siamo davanti al nostro smartphone. Anche se non non spostiamo la macchina, beviamo in borracce e mangiamo prodotti bio a Km0.