Quante ore di gaming al giorno? Con o contro chi giocano? A cosa giocano? Quali emozioni si provano? Se usati dai nostri figli li rendono davvero più narcisisti, violenti, o meno sensibili al valore della vita umana altrui? È davvero loro la colpa dell’aumento del bullismo giovanile e della legittimazione della prevaricazione sui più deboli?
Un fenomeno non limitato agli adolescenti, ma se analizzato in questa fascia di età non può che evidenziarsi preoccupazione diffusa (esattamente come i film violenti).
Precisiamo comunque fin da subito che è stato escluso un legame diretto tra l’utilizzo di un videogioco e l’aumento dei comportamenti aggressivi.
Le evidenze sul gaming
Secondo l’Italian Interactive Digital Entertainment Association (ex- Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani – AESVI) in Italia nel 2017 il 57% degli italiani tra i 16 e i 64 anni aveva giocato ad almeno un videogioco nei 12 mesi precedenti, percentuale che porta a una popolazione di gamer pari a 17 milioni. Il 59% di questi sono uomini e per il 40% hanno un’età tra i 25 e i 54 anni. La maggior parte utilizza smartphone (e tablet), a seguire console e PC. Il 45% degli intervistati gioca tutte le settimane.
Numeri destinati a crescere con l’arrivo dei nuovi servizi in abbonamento che daranno la possibilità di poter giocare in mobilità al massimo livello del gaming, avvalendosi anche della copertura 5G.
Un allontanamento da hardware dedicato e giochi “pacchettizzati”, con crescente interesse per i social game, i giochi digitali e le app in attesa della nuova era di Apple Arcade e Google Stadia.
La regolamentazione dei videogiochi
E proprio come i film, anche per i videogiochi esiste un sistema di autoregolamentazione che divide i videogame in base alle età (riquadri colorati con indicazione del limite d’età) e fornisce un’identificazione dei contenuti (icone con disegni esplicativi).
Si tratta del sistema di classificazione in base all’età, il PEGI (informazioni paneuropee sui giochi), utile per indirizzare ciascuno di noi durante l’acquisto.
Purtroppo non è uguale in tutto il mondo e in Italia non è obbligatorio rispettarne le indicazioni.
Molto utile la app, per Android e iOS, che PEGI ha lanciato il mese scorso che consente ai genitori e ai videogiocatori di ricercare in maniera molto semplice i videogiochi e le informazioni relative alla loro classificazione. Inoltre, contiene dettagli relativi ai sistemi di parental control inclusi in tutte le diverse piattaforme di gioco fisse o mobili in commercio.
La nostra responsabilità
La scelta dell’acquisto resterà a discrezione del cliente, nello specifico del genitore su cui ricade la totale responsabilità di a cosa e come gioca il proprio figlio minore.
Lo sviluppo di una coscienza critica e vigile, un controllo genitoriale informato, in cui i figli non vengono lasciati soli, senza limiti o criteri di sorta, tanto da perdere il senso della realtà.
«Le caratteristiche che spingono i ragazzi a “ipnotizzarsi” davanti a un videogioco sono molteplici: dalla condivisione del raggiungimento di un obiettivo comune alla paura di tradire i propri compagni di gioco nel momento in cui si decidesse di abbandonarlo. Inoltre, questo tipo di videogioco permette di connettersi con giocatori di tutto il mondo, di conseguenza non solo le barriere dello spazio, ma anche quelle del tempo vengono meno. Si gioca a tutte le ore e i ragazzi si sentono quasi costretti a non tirarsi indietro, creando così un facile meccanismo ipnotico. Se non sei completamente immerso nel gioco, non puoi portarlo avanti»
Professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’ Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo (Di.Te)
Lo scorso maggio l’OMS ha aggiunto la dipendenza da videogiochi tra le patologie ufficialmente riconosciute, ma la decisione non è unanime. Tanto che ad agosto un nuovo studio congiunto condotto dalle università di Oxford e Cardiff, attraverso l’analisi dei comportamenti di 1.000 adolescenti ha evidenziato come l’uso smodato dei videogiochi, più che come patologia in sé, si configuri piuttosto come conseguenza, e non la causa, di un disagio psicologico, emotivo o comportamentale preesistente.
Gaming come opportunità
Videogiochi che allo stesso tempo sono utilizzati anche nelle scuole per una didattica innovativa rivolta ai nativi digitali, così come al recruiting gamification, il gioco nel processo di selezione.
Perché non dimentichiamo che giocando s’impara.
Il gioco stimola l’attenzione e la concentrazione. Migliora i riflessi e, secondo la tipologia scelta, permette anche di acquisire nuove nozioni.
Il tutto amplificato se si ricorre alla Realtà Aumentata e, ancor di più, alla Realtà Virtuale.
Con un sano rapporto tra genitori e figli come miglior prevenzione contro qualsiasi tipo di dipendenza.