Possono esistere i giudici robot? Saprebbero interpretare correttamente la legge? Questi i quesiti a cui cercheremo di dare una risposta in questo articolo.
Del resto i nostri lettori sanno bene che il tema della robotica ci sta molto a cuore, soprattutto dal momento che sta diventando sempre più importante nella nostra vita quotidiana.
Non si contano più infatti le applicazioni – più o meno evidenti – della robotica nelle nostre vite. Ciò riflette del resto l’enorme diffusione che sta avendo l’intelligenza artificiale. Dopotutto ci si deve ricordare che dietro a ogni robot si “cela” un sistema di intelligenza artificiale.
Ma torniamo ai nostri quesiti iniziali, molto difficili ed estremamente ampi.
Come il robot legge il diritto
La risposta alla nostra domanda richiede di risolvere prima un piccolo dubbio: il robot può capire il diritto?
Tale questione sembra avere una risposta tendenzialmente positiva dal momento che il robot è sostanzialmente un’intelligenza artificiale. Come tale, esso si orienta e comprende lo spazio intorno a sé grazie a numeri e formule matematiche.
In questo senso, se il diritto fosse leggibile come processo matematico, allora sarebbe possibile per il robot comprendere il diritto. E, in effetti, ci sono recenti studi che mirano a ricondurre il diritto a un insieme di regole e leggi matematiche, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione del diritto stesso.
Questi studi sono molto affascinanti e, a parere di chi scrive, lodevoli. Soprattutto perché tali studi pongono una nuova prospettiva nel mondo del diritto, quella matematica, che raramente nella storia è stata affrontata con rigore scientifico.
La ricerca scientifica sulla “matematizzazione” del diritto procede dunque con passo sicuro. Con i suoi sviluppi pare allora possibile affermare che l’eventualità di un giudice robot – che comprenda il diritto – non è poi così lontana e aliena.
I giudici robot nella storia
Vedere un essere meccanico nelle vesti di un giudice è in realtà un sogno antico.
Già Montesquieu infatti teorizzava che il giudice dovesse essere la “bocca della legge”, esprimendo le proprie sentenze con un automatismo che nulla avrebbe da invidiare a un moderno robot.
Il motivo che spingeva Montesquieu a sognare un giudice – quantomeno – automatizzato era semplice. Egli desiderava infatti che le decisioni del giudice fosse asettiche, imparziali e, soprattutto, prevedibili per le parti in causa.
Ciò si poneva in forte contrasto con l’assetto giudiziario dell’Ancien Régime, ossia quello della Francia precedente alla Rivoluzione Francese. In tale assetto il diritto era considerato opaco, nebuloso e poco comprensibile, al punto che era invalso il detto: “i litiganti possono sperare di più nella propria morte che nella fine della propria causa”.
In altre parole, ciò che Montesquieu desiderava era un diritto che non fosse assoggettato al capriccio del sovrano e, soprattutto, che non cambiasse a seconda dell’umore della persona che rivestiva il ruolo del giudice.
Ad oggi il sogno di Montesquieu potrebbe essere vicino a diventare realtà.
Sentenze emesse da giudici robot
Lo stato dell’arte dello sviluppo dei robot e delle intelligenze artificiali ci consente di prevedere che nel prossimo futuro ci siano effettivamente dei robot a sedere nelle aule giudiziarie.
Già oggi infatti sono in commercio programmi che consentono la stesura automatica di contratti legalmente vincolanti, oppure la disamina di una mole rilevante di documenti.
Da questo a consentire il passaggio a un giudice robot, in grado di leggere gli atti e i documenti di una causa, il passo appare invero breve.
Premettendo, doverosamente, che si tratta di una mera ipotesi, sarebbe quindi possibile immaginare un processo che sia in gran parte automatizzato.
Con i giudici robot infatti gran parte delle attività burocratiche potrebbero essere svolte direttamente da algoritmi di intelligenza artificiale. L’attività umana resterebbe principalmente in capo agli avvocati, ai quali spetterebbe il contatto con le parti umane e l’inquadramento del caso da sottoporre al giudice.
Una volta ricevuto il caso sottoposto dagli avvocati umani, il giudice robot non avrebbe poi bisogno di molto tempo per prendere una decisione. Viste le capacità di calcolo e di elaborazione di cui sarà verosimilmente dotato, il giudice robot potrà emettere una sentenza in un giorno, se non addirittura in poche ore. E ciò, è bene precisarlo, anche di fronte a casi molto complessi e con un gran numero di documenti.
Niente è perfetto, neanche i giudici robot
Leggendo sin qua potrebbe sembrare che l’adozione dei giudici robot sia una panacea per tutti i mali della giustizia. Potremmo quindi essere tentati di chiederci il perché una tale tecnologia non sia ancora stata implementata.
Al di là delle ovvie limitazioni tecnologiche del presente, i profili problematici dei giudici robot sono molteplici.
Il diritto non rientra infatti tra quelle ritenute “scienze dure”.
In altre parole, il diritto ha una forte componente umana e sociale che lo contraddistingue, componente che muta – anche sensibilmente – con il passare degli anni. Tale mutamento è sano e risponde alle naturali esigenze della società che, spesso, sono anticipate dai giudici prima ancora che dal legislatore.
Con un giudice robot questo cambiamento sarebbe estremamente limitato, se non addirittura eliminato del tutto. Ciò perché il robot non è capace di pensiero autonomo, ma si limita a svolgere il compito per cui è stato programmato.
L’ultima considerazione offre l’occasione di sollevare un altro grande problema del giudice robot: la responsabilità in caso di suo errore. Le questioni circa chi debba rispondere dell’errore del robot sono numerose e controverse.
Per esempio, dell’errore dovrebbe rispondere lo Stato oppure la società che ha programmato il software del giudice?
Come ultima considerazione (ma ce ne sarebbero anche altre), bisogna ricordare che, anche in caso di adozione completa di una giustizia robotica, occorrerebbe sempre consentire un controllo umano sull’operato del robot.
Nel caso della giustizia, ciò potrebbe essere conseguibile mediante la creazione di collegi giudiziari (ossia riunioni di più giudici) che siano in parte composti da umani e in parte composti da robot. In questa ipotesi naturalmente dovrebbe prevalere il parere umano su quello robotico. Altra possibilità potrebbe essere quella di un grado di appello interamente umano per quelle sentenze robotiche che siano “sospette” di essere ingiuste. E non per violazione di legge (è molto difficile infatti che il robot sbagli a leggere il diritto) ma per violazione di quei principi umani e sociali che sono parte integrante del diritto.