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Fai della coerenza un tuo strumento educativo

distanza digitale in famiglia
Tempo di lettura - 4 minuti

Mai come oggi, se si dovesse in estrema sintesi definire la nostra quotidianità, dobbiamo riconoscere che la vita è dominata dalla dimensione digitale. Una completa iperconnessione che ha coinvolto tutti noi, non solo i ragazzi, e che inevitabilmente porta a una distanza digitale che crea anche una distanza relazionale.

Le nostre giornate erano già scandite da una massiccia presenza digitale e un controllo costante della nostra identità online.

Con le note conseguenze: incapacità a gestire le relazioni con gli altri, isolamento dalla vita offline, scarsissimi livelli di attenzione.

A questo si sono inevitabilmente andate sommando le ore di lavoro e studio agile e di tutte quelle iniziative digitali utili a superare i momenti di noia.

Volendo però cogliere le opportunità, questo è il momento ideale per una maggiore condivisione della vita online con i familiari. Un ‘dialogo’ fino ad oggi molto marginale.

Immagina cosa accadrebbe se i giovani portassero la loro disinvoltura nell’iperconnessione, e gli adulti offrissero il loro bagaglio esperienziale in materia di relazioni umane.

Immaginiamo se abitualmente in famiglia si parlasse di esperienze negative e positive fatte online, dalla condivisione di una notizia rivelatasi una bufala al finire in un litigio violento senza sapere come uscirne: sarebbe occasione di scambio intergenerazionale su un enorme terreno esperienziale che riguarda gran parte della nostra giornata (sia dei genitori che dei figli) e su cui spesso cala il silenzio.

dal libro “Tienilo acceso” di Vera Gheno e Bruno Mastroianni

Si potrebbe ridurre la distanza digitale e scoprire un’autorevolezza reciproca dal cui riconoscimento potrebbero scaturire sicuramente delle soddisfazioni.

L’incoerenza digitale

Purtroppo i dati di un’indagine del 2018 svolta dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo) in cui sono stati intervistati 1.000 adulti tra i 28 e i 55 anni e 1.000 giovani tra i 14 e i 20 anni, equamente suddivisi in maschi e femmine, parlano chiaro:

  • Un attimo” è la risposta che viene data dal 38% degli adulti intenti a smanettare con lo smartphone ai figli che chiedono le loro attenzioni;
  • il 22% risponde con “Cosa?”;
  • il 15% non alza la testa dalla schermo ma rassicura con “Ti sto ascoltando”;
  • il 12% promette “Ora arrivo”;
  • l’11% sbuffa borbottando un faticoso “Dai, ho appena preso il cell in mano”;
  • il 2% esclama “Dimmi!”.

I genitori, spesso i primi a essere affaccendati sul loro smartphone e ad utilizzare parole che rivelano quanto (e come) le distrazioni digitali allontanino dalla relazione emotiva con i figli e dall’ascolto dei loro bisogni.

«Si tratta di incoerenza digitale. Se i ragazzi riescono a fare più cose contemporaneamente, magari in modo approssimativo ma le fanno, i grandi quando sono concentrati sui loro schermi, difficilmente prestano attenzione ad altro. D’altronde, è comprensibile. I ragazzi sono nativi digitali, mentre gli adulti sono emigrati digitali e in alcuni casi tardivi digitali, perché non riescono a integrarsi con le nuove tecnologie. Ma questo atteggiamento dei genitori fa sentire i figli non considerati. Possono percepirlo come una disconferma, ossia un “allora io per te non esisto, non valgo la tua attenzione” e ritirarsi lentamente in loro stessi»

Professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’ Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo (Di.Te)

Questo ovviamente a scapito anche della fiducia in sé e dell’autostima dei ragazzi.

I dati non cambiano molto se sono i genitori a chiedere l’attenzione dei figli colti davanti allo schermo dello smartphone, che vedendosela negare si lasciano andare a giudizi. I ragazzi affermano che:

  • il 45% degli adulti utilizza l’incipit “Sempre con quel cellulare in mano”;
  • il 20% impone “Spegni subito”;
  • il 12% ricorda “Quante volte ti ho detto che non devi usare il cell a tavola”;
  • il 13% interroga per sapere “Con chi parli sempre?”;
  • l’11% “Cosa stai facendo al cel?”;
  • il 9% minaccia “Se continui così ti prendo il cellulare!”.

A queste rimostranze seguono ovviamente le repliche, spesso senza alzare lo sguardo dallo smartphone con tanto di cuffiette alle orecchie:

  • il 55% degli adolescenti replica con “L’ho appena acceso”;
  • il 16% si giustifica dicendo “Mi stavo annoiando”;
  • l’11% giura che “Sto solo ascoltando musica”;
  • l’8% promette “Un attimo e spengo”;
  • il 6% confessa che “Ero nervoso/a”;
  • il 4%, probabilmente assordato dalla musica chiede di ripetere con “Cosa?”.

Facile riconoscersi in una di queste situazioni.

La distanza digitale

«L’identità dei ragazzi passa anche dallo smartphone, ne dobbiamo prendere atto. Dovremmo cercare di comprendere cosa stanno facendo i ragazzi con i loro smartphone e in rete, e non giudicarli a priori. Non è minacciando o imponendo soluzioni che si risolve il problema.

Servono regole condivise, curiosità per attivare quella dei ragazzi a dare spiegazioni, momenti di detox da stabilire insieme…
Ovvero momenti in cui tutti i telefoni e tutti gli strumenti digitali che possono avere una connessione rimangono spenti o silenziosi senza vibrazioni o distrazioni di sorta. In quel tempo si parla, si discute, ci si confronta…
La distanza digitale sta creando una distanza relazionale e prima che la situazione sfugga di mano è bene ritrovare un contatto…
La vita offline però non è uguale a quella online: solo nella prima si utilizzano tutti i sensi, si attivano meccanismi psicofisici diversi. Anche la capacità di provare sentimenti ne risente. Sì, perché emozione e sentimento non solo la stessa cosa. La prima è frutto di un momento, mentre il secondo richiede tempo, intuito, capacità di coltivare la relazione e di farla crescere. Provare e sentire non sono la stessa cosa»

Professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’ Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo (Di.Te)

I ragazzi non danno retta agli adulti poiché non gli riconoscono autorevolezza; gli adulti che, invece di fare i grandi, rimangono adultescenti e pensano che per avvicinarsi ai ragazzi sia necessario “fare i giovani”.

Ogni nuova generazione ha avuto incomprensioni con le generazioni precedenti. Non c’erano forse gli stessi fenomeni di incomprensione? Le nuove generazioni sono davvero più superficiali, più screanzate, più sciocche delle precedenti?

Il modo migliore per uscire dalle incomprensioni è sempre stato e resta il dialogo, né giudicante né sarcastico. Occorre parlare della vita online, raccontare e farsi raccontare, mostrare reale interesse senza giudizio, lasciarsi correggere.

E soprattutto ricordare che l’educazione passa anche tramite l’esempio.

Consigli di lettura

Titolo: “Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello”

Autore: Vera Gheno, Bruno Mastroianni
Casa editrice: Longanesi

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Antonella Bruzzone

Antonella Bruzzone

Founder del blog ConsapevolMente Connessi, Ingegnere Informatico appassionata di CyberSecurity approdata da qualche anno al Coaching. Un mix di competenze che sa farmi apprezzare le opportunità offerte dalla trasformazione digitale in cui viviamo, ben consapevole dei rischi insiti in essa. Perché la onlife è come un salto con lo skateboard: potresti cadere, lo sai, ma è altrettanto vero che, con la giusta guida, potresti imparare a chiudere i trick più difficili.

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