La mia è una formazione accademica fortemente orientata a discipline scientifico-tecnologiche (STEM), ed è grazie alla mia inesauribile curiosità, che ho cercato nel mio percorso di Coaching umanistico integrato di approfondire anche gli aspetti psicologici delle dipendenze da Internet e dalla tecnologia in generale.
Proprio in questa mia continua ricerca ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con l’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo (Di.Te).
Voglio riportare la loro mission, sulla loro home page presente, poiché in queste righe, seppur da un punto di vista diverso, mi sono identificata e mi è stato possibile trovare obiettivi comuni.
“Il benessere delle persone è la prima missione di cui ci facciamo carico
…
avvalendoci di psicoterapeuti attenti e competenti, che hanno maturato in molti anni e direttamente sul campo l’expertise nel trattamento delle patologie internet correlate, affrontiamo il disagio psicologico e sociale a cui queste conducono sempre più di frequente. Il nostro obiettivo, quindi, non è demonizzare gli strumenti tecnologi, o internet, tutt’altro. Siamo ben consapevoli che la tecnologia, i social network, gli smartphone, i tablet e la rete hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità di tanti, a qualsiasi età. Ma siamo altrettanto consapevoli dell’importanza dell’intervento terapeutico quando l’uso eccessivo o inappropriato di questi mezzi diventa un limite per l’individuo e per le sue relazioni famigliari, sentimentali, lavorative o scolastiche”
L’allerta meteo mi ha impedito di raggiungere Milano per partecipare all’evento organizzato dall’Associazione all’Auditorium Gaber del Palazzo Pirelli, la “3° Giornata Nazionale sulle dipendenze tecnologiche e sul cyberbullismo“.
Il destino purtroppo ha voluto diversamente e non ho potuto oltrepassare quello che Zygmunt Bauman definì il “muro di vetro“, costituito dallo schermo dei nostri apparati tecnologici, per passare da un contatto virtuale a una conoscenza reale. E dunque eccomi nuovamente qui, di fronte al solito schermo a partecipare alla diretta live dell’evento. Schermo che in questa occasione è stato per me un’opportunità e non un problema.
Si sono susseguiti esperti della psiche umana e punti di riferimento nel panorama sociale e culturale, tutti uniti dall’entusiasmo del fine comune di sensibilizzare e coinvolgere il pubblico in quello che ormai è parte del nostro vivere quotidiano: la dipendenza da Internet nelle sue diverse forme, l’isolamento sociale, il cyberbullismo, gli haters, il cybersesso, il sovraccarico cognitivo, il gaming disorder e così via. Parole forse complesse e di difficile comprensione che devono essere rese più chiare grazie a un linguaggio comune e diretto.
Alla fine della diretta mi sono ritrovata con tante perplessità sui miei entusiasmi in merito all’Intelligenza Artificiale e l’utilizzo consapevole della tecnologia ma con altrettanto desiderio di far parte di quella community che sente il dovere di divulgare i pericoli e le trappole in cui la Rete può far cadere.
Perché il valore non è nel punto di vista da cui si approccia il problema, bensì nella consapevolezza che il problema riguarda ciascuno di noi, magari in modo e peso diverso, ma nessuno escluso.
E come consigliato dal Prof. Matteo Lancini, iniziamo ad educare le nuove generazioni al fallimento, alle delusioni.
Smettiamo di chiedere “Come è andata oggi a scuola?” e iniziamo a chiedere “Come va oggi in Internet?”