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Clubhouse App: cos’è e come funziona il social network basato su stanze vocali

clubhouse social network
Tempo di lettura - 8 minuti

Si chiama Clubhouse il nuovo social network che si candida a scalare le classifiche degli store digitali.

Fondato lo scorso marzo da Paul Davison e Rohan Seth, rispettivamente ex dipendenti di Pinterest e di Google, negli Usa ha già accumulato due milioni di iscritti e ha appena incassato 100 milioni di dollari di investimento dalla nota società di venture capital Andreessen Horowitz.

Cosa distingue Clubhouse dagli altri social network? Che è una piattaforma live, solo audio, dove le persone si riuniscono in stanze tematiche per discutere e confrontarsi.

Un’idea in linea con gli attuali bisogni delle persone che, sempre più, stanno mostrando di voler tornare a comunicare a voce. Niente testi, foto e video.

Una necessità già dimostrata dalla continua crescita dei podcast, che nell’ultimo decennio hanno raddoppiato la loro popolarità negli Stati Uniti.

Così come dall’ascesa della funzione di nota vocale prevista da molte app, introdotta per la prima volta da WhatsApp nel 2013 e adottata più recentemente da Facebook, Instagram e Telegram.

Un social network fatto di voci dunque, qualcosa a metà strada fra una chat vocale e un podcast aperto.

Ma che si differenzia da questi per il fatto che:

  • le conversazioni avvengono in diretta;
  • quello che viene detto non rimane registrato da nessuna parte, salvo in caso di segnalazione di violazioni.

Estremamente simile ad un concetto di radio, con la differenza che non ci sono frequenze o trasmissioni 24 ore su 24.

Tecnologicamente non troppo dissimile da Discord che però nasce con altri scopi e ha un pubblico diverso (originariamente rivolta principalmente ai gamer, le celebrità dei videogiochi, per accorciare la distanza fra loro e la community).

Al momento il servizio è disponibile solo in lingua inglese e per iOS direttamente dall’App Store, ma c’è da scommettere che presto sarà disponibile in altre lingue e approderà anche su Google Play.

Non esiste una controparte web e come molte piattaforme di questo tipo quindi funziona solo come app per smartphone.

Limiti di età per iscriversi al social network Clubhouse

Per utilizzare i social network in Italia, secondo la normativa vigente, occorre aver compiuto almeno 14 anni.

Fra i tredici e i 14 è possibile farlo, ma con la supervisione dei genitori. Sotto i 13 anni è semplicemente vietato usare Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat o WhatsApp.

Dopo i recenti fatti di cronaca, le misure del Garante per la privacy a tutela dei minori sui social si stanno inasprendo.

Dopo il blocco imposto a Tik Tok, l’Autorità ha infatti aperto negli scorsi giorni un fascicolo su Facebook e Instagram.

Ad essere attenzionate le misure adottate dai social media per controllare il rispetto dell’età minima di iscrizione.

Nel caso di Clubhouse, per aderire al social network bisogna avere almeno 18 anni.

Ma anche in questo caso gli strumenti di verifica previsti sono discutibili.

Oltre all’indicazione della fascia di età a cui si rivolge la app presente nelle informazioni, troviamo esclusivamente un paragrafo nella Privacy Policy che cita:

clubhouse social network minori
clubhouse social network over 17

Come ci si iscrive al social network Clubhouse?

A rendere questo social network ancor più interessante è il meccanismo utilizzato per consentire l’iscrizione, ben noto nel marketing: creare una scarsità artificiale e un senso di esclusività.

Ecco dunque che Clubhouse si presenta al pubblico come un club elitario.

Per accedere non è sufficiente effettuare il download, ma è necessario ricevere un invito da un amico già iscritto oppure iscriversi in una lista d’attesa (e, in tal caso, i contatti già iscritti riceveranno una notifica affinché possano autorizzare l’accesso).

clubhouse social network welcome

Il sistema ad inviti prevede che ciascun utente possa invitare al massimo due persone (esclusivamente tramite numero di telefono), purché venga fornita l’autorizzazione ad accedere all’intera rubrica telefonica.

Una autorizzazione che non trova informazioni di dettaglio nella Privacy Policy su come queste informazioni saranno utilizzate.

Una volta ricevuto l’invito sarà possibile inserire:

  • nome e cognome (con un’esplicita richiesta ai membri di usare i loro veri nomi);
  • numero di telefono;
  • username;
  • la propria bio (dove è possibile inserire i link ai propri profili Twitter e Instagram).

Nel profilo di ciascun iscritto rimarrà impresso il nome di chi ha consentito l’accesso.

L’utente viene invitato a selezionare gli argomenti di proprio gradimento e, come in tutti i social network, potrà scegliere quali altri profili seguire (sistema di following).

In questo modo il sistema potrà confezionare una homepage su misura (seppur sia presente anche un’apposita barra di ricerca).

Fatto questo si potrà iniziare a partecipare alle conversazioni previse in calendario.

I club

Un ruolo centrale nel funzionamento dell’app lo giocano i club (da qui il nome di «Clubhouse»), ossia gruppi di utenti accomunati da un medesimo interesse.

Ne esistono già di tutti i tipi e sono categorizzati per macroaree: dall’arte allo sport, dalla politica alla tecnologia, dalla musica agli animali e via dicendo.

Ma soprattutto business, marketing, brand, crescita personale, futuro del tech, startup.

Saranno gli amministratori di questi club a programmare la maggior parte delle stanze (che abbiamo imparato a conoscere con le Messenger Rooms di Facebook) e ad aprirle (apertura che sarà notificata a tutti gli invitati).

A queste si aggiungono le stanze che ciascun utente sarà libero di creare per chiacchiere sull’argomento preferito.

Un social network che è dunque una sorta di aggregatore di conferenze virtuali con l’importante plus di consentire a tutti, almeno in teoria, di partecipare.

Le stanze

Le stanze sono spazi virtuali in cui ascoltarsi e parlarsi, su temi specifici, in tempo reale e senza alcun limite di durata.

Possono essere:

  • Open, ovvero aperte a chiunque;
  • Social, solo per chi segue;
  • Closed, ovvero solo per le persone invitate.

Non è ancora noto il limite massimo di capienza delle singole stanze. Stando alle stime (non c’è una comunicazione ufficiale su questo) il massimo di utenti che possono connettersi a una stanza è poco più di 5.000.

Un numero che si è dimostrato estremamente basso per eventi come la chiacchierata pubblica di Elon Musk di ieri.

Una chiacchierata che, visto l’alto numero di partecipanti, ha determinato problemi tecnici subito dopo l’avvio e la generazione di innumerevoli stanze secondarie dove altri utenti hanno trasmesso in “differita” il discorso dell’imprenditore.

«Ogni sera ci sono migliaia di stanze piene di persone che ospitano spettacoli, raccontano partite della Nba, cantano opere liriche, discutono di filosofia, incontrano altri musicisti, condividono consigli di viaggio, gestiscono gruppi di supporto e meditano insieme. Ospitano talk show quotidiani, si esibiscono in spettacoli comici, suonano la chitarra e tengono lezioni di storia. A dicembre, quaranta sconosciuti che si sono incontrati su Clubhouse hanno organizzato un’audizione, fatto le prove e ospitato una produzione musicale in piena regola per migliaia di persone che è finita sulle prime pagine dei giornali. Le persone stanno creando modi completamente nuovi per riunirsi, tutto attraverso il potere della voce»

Davison e Seth sul blog ufficiale

Ad argomenti di intrattenimento si aggiungono le conversazioni su argomenti scottanti con i giornalisti:

  • il procuratore distrettuale di San Francisco si è unito a un’accesa chiacchierata sulla criminalità urbana all’inizio del mese scorso;
  • pochi giorni dopo, i sindaci di Miami, San Francisco e Austin, in Texas, hanno tutti preso parte a un panel digitale per parlare delle loro città a migliaia di ascoltatori riuniti.

Ad oggi il servizio è gratuito ma già si mormora di dare la possibilità ai creator (coloro che creano le conversazioni) di monetizzare le conversazioni tramite un sistema di mance e di biglietti per accedere alle stanze, fino agli abbonamenti.

Entrare in una stanza

Gli utenti possono entrare e uscire liberamente dalle stanze (esiste un apposito tasto Leave quietly) e partecipare a conversazioni di ogni genere, dalle semplici chiacchierate ai panel di discussione sui temi più svariati, con esperti, politici e celebrities.

Una volta scelta la stanza ed essere stati accettati dall’organizzatore, ci si unisce al pubblico come ascoltatore, con microfono disattivato.

Le modalità di conversazione all’interno delle stanze variano poi in base alla tipologia dell’evento:

  • conferenze con relatori in modalità uno-a-molti;
  • informali chiacchierate tra pari intorno a uno specifico argomento.

Una figura cruciale per evitare interventi inopportuni e fastidiose sovrapposizioni negli incontri più affollati è quella del moderatore. Presente in ogni stanza e unico ad avere la facoltà di dare o togliere voce ai singoli partecipanti.

A discrezione si possono nominare più moderatori. Sicuramente utile se il numero di partecipanti previsto è elevato o se i temi trattati sono particolarmente dibattuti.

Se è previsto che i partecipanti possano intervenire, questi potranno chiedere di poter parlare cliccando l’icona per ‘alzare la mano’, in maniera molto simile a quanto avviene su Zoom, Teams e Meet.

Registrare e condividere gli audio all’esterno è severamente vietato, a meno di non avere il consenso scritto esplicito di tutti gli speakers (come precisato nei Termini di servizio), circostanza molto improbabile nei casi di conversazioni che coinvolgono un gran numero di persone.

Le conversazioni vengono registrate temporaneamente durante la diretta e, se non ci sono state segnalazioni, definitivamente rimosse alla chiusura della stanza.

clubhouse social network conservazione audio

Un elemento, quest’ultimo, che gli ideatori ritengono vincente in termine di privacy.

Sicuramente sufficiente per generare la “paura di essere tagliati fuori” (“Fear of missing out” – FOMO): dovremo temere di non essere presenti o direttamente coinvolti e dunque saremo costretti ad utilizzare l’app con una certa frequenza per evitare di perderci un contenuto.

clubhouse app

La privacy del social network Clubhouse

Con l’arrivo di un nuovo social non potevano mancare preoccupazioni sul modo in cui l’app accede e tratta i dati degli iscritti (ad esempio gli elenchi di contatti).

Preoccupazioni assolutamente condivisibili da chiunque abbia speso qualche minuto per leggere la Privacy Policy pubblicata.

Le prime perplessità le ha espresse New York Times che dichiara piuttosto approssimativo il rispetto del trattamento dei dati personali degli utenti.

Nel momento che la app è diventata popolare anche nei paesi europei si sono aggiunte le perplessità del Garante per la protezione dei dati di Amburgo, Johannes Caspar.

Caspar, in un’intervista all’emittente pubblica tedesca DW, ha dichiarato:

«Il servizio è apparentemente cresciuto troppo velocemente e non tiene conto dei requisiti del Regolamento europeo sulla privacy (GDPR).

L’informativa sulla privacy tiene conto dei diritti degli interessati ai sensi del California Consumer Privacy Act (CCPA), ma non del GDPR, a cui il servizio deve conformarsi (in Unione Europea)»

A cui fanno eco le affermazioni di Markus Beckedahl, il fondatore del blog tedesco Netzpolitik, specializzato in questioni di privacy, trattamento dei dati e libertà di informazione:

«Non è del tutto chiaro cosa accada ai dati dell’utente e se vengano venduti a terzi. I termini e le condizioni vaghi lo consentono»

Del resto ricordiamo che stiamo parlando di milioni di voci che fanno gola ad Amazon per allenare e affinare gli algoritmi di Alexa, a Google per i suoi speaker e ad Apple per il suo Siri.

Ad oggi possiamo segnalare approssimazioni ne:

  • il trattamento dei dati personali all’atto della cancellazione del profilo
clubhouse social network eliminazione account
  • la comunicazione agli utenti del cambiamento della Privacy Policy
clubhouse social network aggiornamenti privacy policy
  • la gestione della sicurezza
clubhouse social network sicurezza

Cosa è certo è che dovremo attendere la crescita degli utenti europei e italiani per vedere cosa ne pensano anche gli altri garanti. Ma soprattutto se saranno necessarie azioni forti che inducano la piattaforma a uniformarsi al Regolamento europeo sulla privacy.

Nel frattempo, come sempre, non deleghiamo ad altri la nostra privacy ma prestiamo sempre attenzione a quanto vogliamo condividere della nostra vita.

Hate Speech: bastano i moderatori?

Un altro aspetto su cui molti giornalisti americani si sono interrogati in questi mesi è la possibilità di veder proliferare conversazioni razziste o inneggianti all’odio (hate speech).

Il giornalista del New York Times Taylor Lorenz ha scritto ampiamente su come alcune stanze del Clubhouse siano bastioni di misoginia, antisemitismo e razzismo.

Sarah Szalavitz, consulente di ricerca e sviluppo ed ex avvocato specializzata in intrattenimento, ritiene che la app sia progettata in modo da promuovere discorsi di odio e radicalizzazione senza sufficiente moderazione per mitigarli.

Tatiana Walk-Morris, una delle giornaliste introdotte dalla Szalavitz, ha scritto un articolo su Vanity Fair su come il design dell’app ha permesso alle idee razziste e islamofobiche di proliferare, anche da utenti ben noti.

Un servizio di moderazione è realmente sufficiente ad arginare questi fenomeni?

Sicuramente la diffusione di odio e rancore è un fenomeno molto complesso, che non può essere risolto semplicemente obbligando i social media a moderare di più.

Clubhouse da parte sua ha già iniziato a disegnare un processo di moderazione:

  • ogni stanza ha uno o più moderatori che possono abilitare o meno i microfoni delle persone, bloccare e segnalare specifici utenti;
  • ogni partecipante entra in una stanza con il microfono disabilitato e può parlare solo se viene concesso dal moderatore; può altresì segnalare le stanze in cui si rilevano comportamenti sospetti;
  • le segnalazioni comportano la conservazione dell’audio fino al termine dell’indagine.

Ma il discriminante, di Clubhouse come degli altri social (compreso il suo potenziale competitor, attualmente in fase di test, Spaces di Twitter) sarà il software, utilizzato a sostegno all’azione dei moderatori, per riuscire ad esaminare in tempi brevi tutte le segnalazioni ricevute.

Software che, nel caso dei contenuti vocali, dovranno essere in grado di interpretare le parole e il contesto in cui vengono inserite. Una capacità al momento assente o insufficiente anche nei migliori programmi di Intelligenza Artificiale.

Ciò nonostante le valutazione che arrivano, soprattutto dagli Usa, da chi utilizza Clubhouse sono già molto positive.

Non ci resta dunque che provare a entrare con curiosità e senza pregiudizi in questo social network e vedere quale sarà la sua evoluzione.

Immagini collegate:

Antonella Bruzzone

Antonella Bruzzone

Founder del blog ConsapevolMente Connessi, Ingegnere Informatico appassionata di CyberSecurity approdata da qualche anno al Coaching. Un mix di competenze che sa farmi apprezzare le opportunità offerte dalla trasformazione digitale in cui viviamo, ben consapevole dei rischi insiti in essa. Perché la onlife è come un salto con lo skateboard: potresti cadere, lo sai, ma è altrettanto vero che, con la giusta guida, potresti imparare a chiudere i trick più difficili.

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